di Guido Talarico
Per capire quello che succederà nei prossimi giorni e quindi che fine faranno Governo e Paese occorre partire da una indiscrezione. Il Premier Giuseppe Conte qualche tempo fa è andato da un notaio di Roma e ha fondato il suo partito: si chiamerà semplicemente “Insieme”. L’indiscrezione è per definizione una notizia a credibilità limitata ma in questo caso, arrivando da fonti autorevoli, va presa in considerazione anche perché le conseguenze di questa nascita portano dritte ad elezioni anticipate, uno scenario che in piena pandemia appare folle ma che invece sembra condiviso e voluto da tutti tranne che da una parte del Movimento Cinque Stelle e da Fratelli d’Italia.
Vediamo dunque perché andare subito al voto, contrariamente a quello che dicono la maggior parte dei commentatori, è diventata oggi se non una certezza almeno un’ipotesi probabile. Prima di cominciare un’analisi dei fatti occorre però fare una premessa: quella che stiamo per descrivervi ha il sapore della mano di poker, dove tutti i giocatori puntano a migliorare o a mantenere le proprie posizioni a costo di qualche bluff o di un grande azzardo. Nella politica di oggi però sentimenti del genere allignano in modo evidente, dunque scorgerli in fondo avvalora la tesi della scommessa. Cominciamo allora questa nostra analisi partendo dall’indiscrezione. La nascita di “Insieme” sarebbe intanto una prova del fatto che Conte ritiene di essere pronto a raccogliere buona parte dell’eredità grillina e quindi a scendere in campo in proprio. Del resto, non si avvia un partito nuovo se non si ritiene che il proprio sia se non in disfacimento almeno in serie difficoltà.
Al momento, anche per mancanza di interpretazione autentica, non è dato sapere se il termine “Insieme” vada inteso nell’accezione dell’avverbio, quindi “in compagnia di qualcuno o in unione a qualcosa”, o come sostantivo, cioè come “idea che non si può ridurre in altre più semplici”. Vista da fuori l’ipotesi dell’avverbio appare più credibile. Più che una grande idea per la comunità, “Insieme” sembra una struttura pensata per sfruttare il buon consenso personale del Premier e per recuperare quel che resterà dei grillini “rive gauche”.
Ma, ovviamente, non sarà Conte ad innescare la caduta del Governo. Lui è in sella e la resterebbe ben felice. Ma avendo imparato a conoscere amici e avversari intanto lui la scialuppa l’ha messa per tempo al varo. Chi innescherà invece “ordigno fine di mondo”, come lo chiamerebbe il dottor Stranamore, protagonista del film geniale sull’apocalisse di Stanley Kubrick, è invece Matteo Renzi, al quale calza perfettamente il sottotitolo dello stesso film “Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi a ad amare la bomba”.
Renzi è il maestro del “Tiki Taka” della politica italiana. Lui più è sotto pressione meglio fraseggia a centro campo, per poi arrivare in area di rigore e li sganciare il fatale ordigno. E Renzi di pressione di questi tempi ne sente tanta. Il suo Italia Viva ha sondaggi che lo condannano alla parte bassa della classifica politica. Quindi deve uscire al più presto dalle brutte acque in cui si trova se non vuole finire come Monti o come Dini. Un baratro verso il quale gli “amici” del Pd lo spedirebbero con gran diletto. E dov’è lo spazio per Renzi? Al centro naturalmente, ma questa volta guardando a destra.
Renzi, raccontano le nostre fonti, è pronto a staccare la spina a questo Governo non per un rimpasto ma per andare subito al voto stando insieme ai centristi di matrice berlusconiana (Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna in primis). Così facendo, ci spiegano, uscirebbe dal Governo dimostrando che la sua battaglia non è stata affatto una manovra per avere più poltrone, come tutti gli rimproverano, ma era una questione di principio posta con grande serietà per avere una gestione più efficace e condivisa del Recovery Plan. Una uscita in rotta con i suoi vecchi compagni di partito e di governo che inevitabilmente lo porterebbe a diventare lui l’alleato “rive gauche” del centro destra. Una serie di eventi molto rischiosi ma non incredibile per un leader giovane e ambizioso che nella parte e nel ruolo in cui sta oggi sa che se non si inventa ancora qualcosa di geniale lo attendono tempi e bottini elettorali magri. Quindi rottura brutale con Conte, che a quel punto verrà additato come il maggiore responsabile delle italiche difficoltà, e salto della quaglia nell’altra metà del campo, dove Berlusconi e lo stesso Salvini lo accoglieranno a braccia aperte pur di andare subito al voto, ottenendo così anche di comprimere il ruolo degli scomodi Fratelli d’Italia.
Al Partito Democratico, dal lato loro, sembra non attendano altro che un Renzi Stranamore: è vero, andare al voto significa rischiare di perdere il governo, il paese e l’elezione del Capo dello Stato. Ma le contropartite per Nicola Zingaretti sono tante. In primis si sbarazzerebbe definitivamente di Renzi & Company. Andando a votare subito eleminerebbe poi larga parte di quei deputati e senatori del suo partito eletti su indicazione proprio di Renzi. Gente non sua che in qualche modo continua a dargli problemi Insomma, Zingaretti sarebbe pronto ad andare al voto perché in un sol colpo si toglierebbe un nemico esterno e tanti interni. In più, tramite una stretta alleanza con Conte, diventerebbe il riferimento di quel che resta del Movimento pentastellato. Poco importa se alla fine il risultato elettorale non dovrebbe premiarlo eccessivamente, a Nicola Zingaretti raggiungere un eventuale 22% andrebbe anche bene.
Ricapitolando: un Renzi circondato stacca la spina addossando la colpa all”inconsistente” Governo Conte e poi si butta a desta. Il Pd glielo lascia fare perché così elimina un personaggio sgradito e allo stesso tempo “pulisce” le sue fila dai Renziani. Conte si fa il suo partito, in cui mette “Insieme” al Pd, ai cocci dei 5Stelle più tutti quei moderati che amano il profilo di un professionista che appare capace e pacato. A destra godono del regalo e si giocano la partita a costo di dover imbarcare Renzi e scontentare la Meloni. Come dicevamo all’inizio, infatti, gli unici lasciati fuori da questo giro sarebbero proprio gli avanzi del Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia. Ma per loro non sembrano esserci alternative praticabili.
Fin qui i racconti delle nostre fonti. Poi ci aggiungiamo qualche altra considerazione. La prima, è che questa nuova rappresentazione degli schieramenti politici alla fine porterebbe a due poli dal peso elettorale molto simile quindi senza un vincitore chiaro. Ora che tutti vadano a farsi questa mano di poker senza avere certezza della vittoria ci sta pure, perché, come ho cercato di spiegare, ciascuno potrebbe avere il suo piccolo tornaconto personale. Ma è difficile immagine che i due poli così rappresentati possano arrivare alla maggioranza e quindi a governare. Dunque, si profilerebbe uno stallo risolvibile soltanto con un governo di unità nazionale, verosimilmente a guida Mario Draghi. Scenario che continua a piacere a tanti.
Fantascienza? Forse si. Sta di fatto che un politico esperto come Goffredo Bettini in una intervista al Corriere è stato molto duro nei confronti di Renzi al punto da far pensare ad una provocazione studiata che spinga Renzi a rompere. E la risposta del coordinatore nazionale di Italia Viva, Ettore Rosato, non si è fatta aspettare: “È il Presidente del Consiglio a staccare la spina del governo, non noi, perché è lui a continuare nel suo atteggiamento di non farsi carico dei problemi, ma anzi, mettendoli sotto il tappeto. Non si può andare avanti così – ha detto Rosato – ci ha detto che ci vedremo in aula sfidandoci? Va bene. Ci vedremo in Parlamento e utilizzeremo la dialettica e i nostri numeri per vedere chi ha ragione rispetto ai ritardi di questo governo. Ma che offerta avrebbe fatto Conte? Noi vogliamo risposte alle nostre richieste, Non ci interessano offerte di posti o di chissà quale tavolo di mediazione”.
E la lotta alla Pandemia? E la gestione del Recovery Plan? “Non c’è problema – ci dicono – alla fine i progetti li fanno le strutture e questo a Bruxelles già lo sanno”. Insomma, possiamo stare tranquilli, la nostra brillante macchina burocratica manderà avanti gli interessi del paese, lasciando la politica libera di fare i propri legittimi giochini. Tutto come sempre, all’insegna della tradizione. Del resto, come diceva Paolo Cohelo, “Vivere è sperimentare, non restare immobili a meditare sul senso della vita”. Ciò che è certo che in uno scenario così complicato il ruolo decisivo è quello del Presidente della Repubblica. Lo è sempre stato, lo sarà ancora di più in una fase così lacerata come l’attuale. Comunque, pochi giorni e tutto sarà chiaro, pochi giorni e capiremo fino a che punto questo paese è in grado di uscire dalla drammatica crisi economica in cui è sprofondato.
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