L’ex premier ha chiuso il cerchio intorno alla vicenda innescata da una sua intervista a Repubblica in cui dava la sua ricostruzione della strage di Ustica attraverso una conferenza stampa. Amato ha spiegato che ha scelto di parlare dopo 43 anni perchè si faccia luce sulle vicenda e perchè se non si agisce subito sarà impossibile giungere alla verità
di Emilia Morelli
“Io non ho ritrattato niente perché non avevo e non ho alcuna verità da offrire, volevo solo provocare un avvicinamento a essa”, Giuliano Amato si è ritrovato a tornare per la terza volta, dopo due scritti inviati a due quotidiani tra cui La Repubblica da cui la vicenda è partita, a parlare della strage di Ustica. L’ex premier ha inteso dare la sua versione affinchè si scopra cosa sia realmente accaduto la sera del 27 giugno 1980, quando un Dc9 esplose in volo precipitando nel mar Tirreno con 81 persone a bordo. Tutte morte. Secondo le convinzioni di Amato ad abbattere il Dc9 Itavia era stato un missile sparato da un caccia francese, nell’ambito di un’operazione militare segreta della Nato finalizzata a uccidere il leader libico Mu’ammar Gheddafi, sui cieli del Tirreno in quella sera di 43 anni fa.
Anzitutto, Amato ha inteso spiegare che il suo invito rivolto alla Francia non era una richiesta di scuse al presidente francese Emmanuel Macron. “Non sono mica scemo” ha detto intervenendo in un incontro davanti ai giornalisti. “A Macron ho chiesto e chiedo di occuparsi della vicenda. Nel caso in cui l’ipotesi del missile francese risultasse infondata, e sarebbe la cosa migliore, la cosa finirebbe lì; se invece risultasse fondata allora dovrebbe chiedere scusa”, ha affermato l’ex presidente della Corte Costituzionale. “A Macron chiedo che ci liberi dalla questione Solenzara (la base militare in Corsica da cui potrebbe essere partito il caccia che lanciò il missile contro il Dc9, secondo una delle piste investigative, ndr)”.
Sul punto Amato ha poi preferito non insistere limitandosi ad affermare che se avesse occasione di parlare direttamente con il presidente francese “da grande amico della Francia quale sono” gli direbbe: “Abbiamo la fortuna di avere un presidente come te che all’epoca era un bimbo di due anni e mezzo, dunque sei il francese che può farsi carico di questa vicenda con maggiore libertà. Fallo” .
L’errore, infatti, secondo l’ex ministro è stato non promuovere allora indagini approfondite. “Non si è andati oltre, mentre sarebbe il caso. Se il pilota dell’aereo che sparò il missile è ancora vivo, o altri che volarono lì intorno, potrebbero farlo, senza portarsi nella tomba il peso del silenzio”, ha sottolineato Amato. Del resto, e il riferimento qui è probabilmente a chi lo ha accusato di essere stato molti anni in silenzio sull’accaduto, l’ex premier ha spiegato: “Giunti a alla mia età si comincia a pensare in maniera diversa da come pensano i cronisti politici o i politici in attività, e ci si pone una domanda: c’è qualcosa di incompiuto che io posso contribuire a compiere?”
La strage del Dc9, di cui l’ex premier s’è occupato nel 1986 da sottosegretario a Palazzo Chigi ma anche in seguito, è rimasta senza giustizia, e “la ricerca della verità è in pericolo perché i testimoni cominciano a morire; alcuni di essi possono ancora dire ciò che finora hanno taciuto. Sarebbe un modo per riappacificarsi con la storia, e il mio intento era solo questo, non c’erano altri fini, ci crediate o no”.
Il suo racconto “non aspirava a rivelare segreti sconosciuti, ma ad avvalorare una ricostruzione, custodita in centinaia di pagine scritte dai giudici, nelle svariate perizie, anche nelle inchieste di giornalisti bravi come Andrea Purgatori”; ricostruzione che “si è dovuta arrestare davanti a più porte chiuse”. Sul caso Ustica, “in questi 43 anni, la mia non è stata una presenza muta. Forse anche io, pur mosso dalla volontà di far luce, non ho avuto all’epoca la forza per impormi sulle forze ostili e reticenti? Può darsi” ha poi ammesso.
“Non è vero come ha sostenuto qualcuno che la politica con Ustica non c’entra; la politica può fare ancora molto per chiarire, in Italia ma forse anche in Francia”, ha incalzato Giuliano Amato.
Ad ogni modo l’uomo di Stato che ha ricoperto incarichi ai più alti vertici di governo ci ha tenuto ad evidenziare che “ci sono molte altre vicende importanti con ricostruzioni o fasulle o negate, basti pensare alla scomparsa di Emanuela Orlandi di cui non si sa nulla nonostante gli appelli e l’impegno del Pontefice”.
Rispondendo a un giornalista che gli ha chiesto se fosse o meno giusto riaprire il capitolo della strage di Bologna, tornata alla ribalta dopo le dichiarazioni dell’ormai ex capo della Comunicazione della regione Lazio Marcello De Angelis, Amato ha ironizzato: “Non ne so abbastanza e non ho un Macron a cui chiedere”.
Con questa conferenza stampa Giuliano Amato ha inteso porre fine alla vicenda e al trambusto mediatico che si è innescato, sperando di aver chiarito quale contributo intendeva dare con quell’intervista. «Sulla quale non mi aspettavo tutto questo trambusto, ma evidentemente nella politica di oggi ci sono più “bocche aperte” di quando la frequentavo io”, ha concluso.
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